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La vera storia di Romolo e Remo

La storia di Romolo e Remo interessa molto gli studenti della Dilit, soprattutto quelli delle classi intermedie e avanzate. Ci sono alcuni che già conoscono la leggenda ma praticamente nessuno, neanche in Italia, sa  la vera storia della fondazione di Roma.

Partiamo comunque dalla leggenda. Per parlare della fondazione di Roma dobbiamo cominciare da Enea. Chi era Enea lo racconta Virgilio (Publio Virgilio Marone, 15 ottobre 70 a.C. – Brindisi21 settembre 19 a.C.) nell’Eneide, poema epico, che il poeta romano ha scritto all’inizio dello splendore dell’Impero Romano. Il fine dell’opera è chiaramente quello di nobilitare le origini del suo popolo.

Enea era figlio di Anchise, uomo mortale (cugino di Priamo, re di Troia), e di Afrodite/Venere, dea della bellezza. Nell’opera di Virgilio si racconta dell’avventuroso viaggio nel Mediterraneo del nostro eroe dopo essere fuggito dalla disastrosa guerra di Troia. Dopo un lungo viaggio nel Mar Mediterraneo si è fermato sulle coste del Lazio, poco a sud-ovest di Roma. Qui sposa Lavinia, figlia di un re della popolazione dei Latini che occupavano la zona tra gli odierni Castelli Romani ed il mare. Dopo diverse generazioni da questa stirpe reale nasce Rea Silvia che poi diventerà una sacerdotessa  “vestale”. Le vestali erano le sacerdotesse della dea Vesta legata al culto del fuoco. Erano vergini sacre e per questo dovevano fare voto di castità. Ma si è innamorato di lei il dio Marte e da questo amore nasceranno i due gemelli del dio: Romolo e Remo.

Quindi secondo la leggenda tra gli antenati del popolo romano ci sono ben due dèi: Venere (dea della bellezza e dell’amore) e Marte (dio della guerra).

Rea Silvia, non potendo tenere i gemelli, li ha posati in una cesta che abbandonerà poi alle acque del fiume Tevere. La cesta si è fermata sulla riva, tra i colli del Palatino e del Campidoglio, e una lupa che era nei dintorni li ha adottati. Poi sarà il pastore Faustolo e la moglie Acca Larentia ad allevarli. Bella storia!

Però ci sono dei punti che lasciano perplessi, noi figli del mondo moderno.

Il primo punto è che ci siano Marte e Afrodite fra i parenti, due dèi.

Secondo, la cesta. Se mettete una cesta sull’acqua sicuramente affonderà. E poi è una storia già sentita. Vi ricordate di Mosè abbandonato in una cesta sul Nilo?

Terzo: una lupa che adotta dei bambini è molto poetico ma poco credibile, a meno che non si tratti di una “lupa” in senso latino, cioè una prostituta. Se avete avuto l’opportunità di visitare Ostia Antica o Pompei con le visite organizzate dalle archeologhe della DILIT, avrete visto il lupanare, il posto delle lupe, cioè il bordello.

Storia carina ma molto fantasiosa. Quale può essere l’origine più credibile del grande popolo romano?

Cominciamo con tre osservazioni preliminari.

  1. La prima è che l’area dove si trova ora la città di Roma, 800 anni prima di Cristo, era praticamente disabitata perché le acque del fiume Tevere creavano grandi zone di palude, visitate solo dai pastori dei popoli lì intorno: Latini, Etruschi e Sabini, che utilizzavano la grande quantità di erba fresca per le loro pecore.

  2. La seconda è che a nord del Tevere c’era il grande e forte regno degli Etruschi mentre a sud si trovavano vari popoli che possiamo dire di cultura greca, la “grande cultura” del Mediterraneo.

  3. La terza è che questo mare era solcato, da secoli ed in ogni direzione, dalle navi degli abili navigatori del vicino o del medio oriente come i Greci ma soprattutto i Fenici, originari dalle zone che ora chiamiamo Siria e Libano.

Una di queste navi che girava nei Mediterraneo, a causa del mare in tempesta o per un problema alla nave o altro, è entrata nel Tevere e ha continuato a risalire il fiume fermandosi all’isola Tiberina.

Posto ideale perché completamente protetto dall’acqua. E lì c’è l’incontro tra i marinai e i pastori. I marinai della nave vedono le pecore dei pastori latini: latte, carne, formaggi , cibo fresco finalmente dopo tante settimane di mare. E fanno scambio con i pastori con le merci che trasportano: stoffe, grano, terrecotte, vino, spezie, …

I marinai ripartono e raccontano, nei porti che visitano, di quel fiume ospitale, dell’isola, dello scambio con i pastori. A loro volta i pastori ritornano alle loro case sulle colline orgogliosi dei frutti del loro commercio. Così l’Isola Tiberina diventa, nel tempo, un centro di scambio che attira anche i popoli vicini. Ma c’è un problema. Se non arriva una nave all’isola o se non ci sono pastori in zona, non si possono fare scambi. Allora nasce la figura del mercante che è un ex marinaio o un ex pastore. Ma il mercante ha bisogno di un posto fisso. Dove può vivere in un’area paludosa?

Per fortuna ci sono lì vicino sette piccoli colli, di soli 30-50 metri di altezza, che però permettono alle loro capanne e loro stessi possono stare all’asciutto. Sono i famosi sette colli su cui poi sarà fondata Roma.

Il progressivo aumento della popolazione e la conseguente crescita di questi villaggi sui colli porterà ad una loro unione per formare una città.

Ma fino a questo punto quei villaggi ospitano solo uomini, non ci sono donne. Non c’era Internet all’epoca e così il sistema che adottano è quello di andare a rapire le donne dei popoli vicini, soprattutto le donne sabine (area nord-est del Lazio).

È il famoso “ratto delle Sabine”. 

Ora è chiaro che i romani del periodo imperiale, i grandi del mondo, non potevano raccontare che i loro avi sono pastori ignoranti, a marinai di tutto il Mediterraneo e povere donne sabine rubate alle loro famiglie.

È molto più adeguato alla loro posizione discendere da Enea, Venere e Marte e soprattutto raccontarlo al mondo (allora conosciuto). Praticano quella che diventerà una delle leggi della pubblicità: “non è vero, ma tutti lo sanno”. E infatti tutto il mondo conosce la leggenda di Romolo e Remo.

Delusi? Non fermatevi qui. Quello che hanno fatto i romani è assolutamente grandioso e ci hanno lasciato un patrimonio di arte, cultura, ingegneria unico al mondo.

Venite a vederlo, vi aspettiamo!

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