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A Roma si dice così

Quando venite a Roma, se volete divertirvi a sentirvi un po’ romani cominciate dal romanesco! Ci sono espressioni tipiche di questo dialetto che si usano da sempre e che sono anche molto divertenti. In effetti, la lingua riflette la personalità e la cultura di un popolo e il dialetto romanesco non fa eccezione, perché potete trovarci tutta l’ironia, la tendenza ad essere molto diretti ed essenziali (almeno nel linguaggio) e la “ruvidezza” tipiche di questo popolo.

Per vostra fortuna non è necessario parlare bene l’italiano per capirlo, anche perché oggi per “dialetto romanesco” si vuole intendere un codice linguistico non molto distante dall’italiano. Infatti, molti lo considerano più un accento, una “parlata” che un vero e proprio dialetto, specialmente se paragonato alla maggior parte dei dialetti che trovate nelle diverse regioni italiane, che possono essere considerati delle vere e proprie lingue.

Insomma, il romanesco lo capiscono un po’ tutti, anche i romani d’adozione, cioè le persone che vivono stabilmente a Roma, ma che non hanno origine romane e che costituiscono la maggior parte degli abitanti della città eterna.

Allora, pronti a cimentarvi con il romanesco? Andiamo!

  • Dunque, la prima espressione che vi propongo è “papale papale”.

Dire qualcosa a qualcuno “papale papale” significa dirglielo molto chiaramente, con schiettezza, andando dritti al punto. Non è difficile capire che l’espressione viene dalla parola “Papa” e il Papa, si sa, quando parla, lo fa con chiarezza, quello che dice è esplicito, vero e diretto… Così, quando parlate a qualcuno “papale papale”, avete davvero voglia di comunicare quello che pensate.

Non solo. Potete anche riferire le parole di qualcuno “papale papale” e, in questo caso, vuol dire che non avete omesso nulla, avete insomma riportato tutto parola per parola.

  • Un’altra espressione molto comune è “come er cacio sui maccheroni”.

Il cacio è il nome che i romani usano genericamente per intendere il formaggio e, come potete immaginare, “er” è l’articolo determinativo maschile singolare.

Se conoscete un po’ la cucina romana sapete che la “cacio e pepe” è un primo tradizionale qui a Roma e che il cacio…si sposa perfettamente con la pasta. Quindi quando una cosa insieme ad un’altra stanno “come er cacio sui maccheroni” significa che sono una combinazione perfetta!

È un modo di dire antichissimo che risale alle origini della pasta (sulle quali sarebbe troppo lungo e complesso disquisire ora), quando cioè veniva insaporita con una spolverata di cacio sopra. Il sugo di pomodoro è arrivato molto tempo dopo: nel XVI secolo la pianta venne importata  dall’America Latina, ma gli italiani la usavano solo come pianta ornamentale e solo nel XVIII secolo comincerà ad apparire nei ricettari di cucina...ma questa è un’altra storia.

  • Un’espressione ancora molto usata a Roma è “vecchio come er cucco”.

Se volete dire che una persona o una cosa è davvero molto molto vecchia questa è l’espressione che fa per voi!

Ma chi era questo “cucco”? Alcuni pensano che derivi dal nome di un fischietto, il cuco, che anticamente era uno dei primi giocattoli sonori.

Una seconda ipotesi è che derivi dalla storpiatura del nome di uno dei dodici profeti di Israele, Abacuc, che veniva rappresentato come un vecchio con la barba lunga.

Ultima ipotesi è che”cucco” derivi da “bacucco” (che ricorda “Abacuc”). Infatti, quando vogliamo dire che una persona è molto vecchia, spesso diciamo “vecchio bacucco” (fate attenzione, perché non è un’espressione gentilissima ed è meglio non appellare direttamente una persona in questo modo, a meno che non la si voglia offendere).

  • A Roma potete sentire molto spesso l’espressione “nun c’è trippa pe’ gatti” cioè “non c’è trippa per i gatti”.

Se avete mangiato piatti tipici qui a Roma, sapete che la trippa è una parte dello stomaco dei bovini e che, nei ristoranti tradizionali, potete trovare la trippa alla romana, un piatto molto sostanzioso, originariamente tipico del periodo carnevalesco, che a Roma si cucina, fra l’altro, con pomodori, pecorino romano, cipolle e qualche foglia di menta romana.

 

L’espressione “nun c’è trippa pe’ gatti” significa “non c’è niente da fare”, “non ci sono possibilità”…insomma, “è inutile che insisti, nun c’è trippa pe’ gatti!”.

Probabilmente l’origine di questa espressione risale ai primissimi anni del ‘900, periodo in cui Ernesto Nathan era il sindaco di Roma, famoso specialmente per aver operato una considerevole riduzione del bilancio della Capitale. In quel periodo il Comune della città provvedeva al cibo per i gatti di Roma, considerati da sempre molto importanti per la città: davano la caccia ai temutissimi topi che, a loro volta, si nutrivano della carta dei documenti degli archivi di Roma. Il sindaco decise di tagliare anche sulle spese per i gatti, che lui riteneva potessero procurarsi il cibo da soli e da lì l’espressione “nun c’è trippa pe’ gatti”.

I romani hanno moltissime di queste espressioni che possono risultare piuttosto dirette, spesso molto essenziali e che vanno dritte al concetto. Quando venite a Roma provate a scoprirne altre, magari interrogando gli abitanti della città che, anche se non sono di origini romane, ne hanno sicuramente imparate un bel po’.

Se volete davvero divertirvi ad usarle, però,  vi suggerisco di condirle con un buona dose dell’ironia che contraddistingue i romani, che spesso viene considerata un po’ rude da chi non ci è abituato, ma che è necessaria per abitarci. Provare per credere!

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